San Giuseppe Benedetto Cottolengo: la Provvidenza in azione per tutti, molto più che filantropia

90 anni fa la canonizzazione di san Giuseppe Benedetto Cottolengo, fondatore della Piccola Casa della Divina Provvidenza. Il dinamismo del carisma oggi nelle parole del padre generale Carmine Arice

Da novant’anni «il gigante della carità» è santo. A Torino, quest’anno, le fitte celebrazioni per la festa di san Giuseppe Benedetto Cottolengo (martedi 30 aprile) si uniscono al 90° anniversario della canonizzazione del fondatore della Piccola Casa della Divina Provvidenza.

Fu Papa Pio XI a proclamarlo santo il 19 marzo 1934 nella basilica di San Pietro gremita di sacerdoti, suore e tanti piemontesi. Come racconta suor Maria Teresa Materia, anche a Torino «la gioia fu grande» con «le campane della città che suonarono a festa fin dal mattino»: «La cronaca narra che nel pomeriggio dopo il canto del Vespro e la Benedizione Eucaristica, nell’attesa dei piccioni viaggiatori da Roma, tutti si ritrovarono nel cortile principale della Piccola Casa e lì una mano esperta fece ascendere al cielo un pallone con la scritta a caratteri cubitali “W San Giuseppe Benedetto Cottolengo W”».

Erano anni difficili e verso la Chiesa si respirava una certa avversione. La canonizzazione di san Giuseppe Benedetto Cottolengo aveva un significato molto forte. «Siamo tra le due guerre – nota padre Carmine Arice, Padre generale della Piccola Casa – ed era un periodo di particolare miseria, con la sanità e la scuola inaccessibili a molti. La canonizzazione del Cottolengo era il messaggio di una Chiesa che si voleva fare carico delle fragilità. Dopo pochi giorni divenne santo anche Giovanni Bosco: a Torino furono settimane memorabili, con vero tripudio di popolo. Abbiamo filmati straordinari che lo documentano».

Papa Pio XI aveva detto che «nella persona e nelle opere del Cottolengo si trova un miracolo continuo di carità». Talmente continuo da proseguire anche oggi. «La povertà – aggiunge padre Arice – è sotto gli occhi di tutti. Abbiamo aperto un ambulatorio con accesso diretto e gratuito ed eravamo convinti che sarebbe stato frequentato soprattutto da migranti, ma la maggioranza di fruitori è italiana. C’è un aumento costante di persone che chiede pane e un tetto: la nostra mensa per i poveri è sempre piena e tutti i giorni abbiamo richieste da parte di chi non riesce a permettersi l’affitto».

L’opera del Cottolengo prosegue nei decenni, forte di una trascendenza che non è mai venuta meno. Per quest’anno il tema pastorale della Piccola Casa (e della novena per la festa del Santo Cottolengo) è incentrato sulla preghiera e la cura della spiritualità, anche in preparazione al Giubileo 2025. «Non basta dare da mangiare ma resta fondamentale – oggi come ieri – un tema più profondo. Davanti alla fragilità e al dolore – conclude padre Arice – ci si chiede il senso delle cose e della vita. Dobbiamo prenderci cura integralmente della persona, in tutte le sue dimensioni. La società civile e le comunità cristiane devono impegnarsi perché nessuno sia escluso. Il nostro studentato, aperto lo scorso settembre, è tutto pieno. Arrivano studenti universitari anche dall’estero e vivono l’inclusività non perché imposta ma perché entra a far parte della loro quotidianità. Il Cottolengo non è una mera opera di filantropia: è la preghiera che ci aiuta a trasformare le opere in luoghi di Vangelo».