L’Apocalisse è un libro complesso, affascinante, per molti versi oscuro. Ma il lettore si è certamente accorto che complessità, fascino e oscurità non impediscono di cogliere  il suo tema centrale, e cioè la ripetuta affermazione della presenza del Regno di Dio nelle vicende umane. L’Apocalisse intende rispondere a una domanda cruciale: come valutare la storia e come porsi in essa? La risposta è semplicissima: il criterio di valutazione della storia è Cristo e il modo di porsi in essa è indicato, una volta per tutte, dalla via che Egli ha percorso.

Cioè uno sguardo all’uomo alla luce del rapporto con Dio. “Insegnaci a contare i nostri giorni”: abbiamo modo di contemplare  il limite dell’uomo però alla luce del volto di Dio, cioè come vivere il limite. Come vivere questa situazione dell’uomo che è Adam, che è precarietà che è come l’erba che si sfalda continuamente. Come vivere il limite? Capire che il nostro limite, che le speranze perdute, che i passaggi critici della vita possono condurci verso altri lidi, che cioè possono condurci verso altre mete che noi non immaginiamo e che non possiamo immaginare. Questo significa avere fede.

Ecco questa certezza che certi momenti critici della vita hanno la possibilità di farci vedere oltre ciò che abbiamo per le mani significa avere fede. La società liquida non è solo intorno  a noi ma anche dentro di noi. Qual è l’alternativa ? Guardini con un’acutezza scrive “Da una parte questo disincanto, questa disillusione questa conoscenza della meschinità dell’esistenza prende il sopravvento e l’uomo diventa scettico, sfregiatore si riduce al minimo necessario a quello a cui è costretto si riduce al fatto che deve vivere”. Tutto questo è vero. Molti dicono se rinascessi non lo rifarei: perché dicono questo? Perché la vita ha promesso tanto ma non ha mantenuto le promesse. Subentra il disincanto quello di avere più nessuna gioia.

Ma se siamo riflessivi e favoriamo una ricerca profonda della vita, ravvivando la fiducia in Dio che opera sempre ed è sempre più grande del nostro cuore, possiamo riaffermare la vita e la qualità della vita. Il salmo 139 si conclude, infatti, con le seguenti parole «Rendi salda per noi l’opera delle nostre mani, l’opera delle nostre mani rendi salda».

Il secondo aspetto per insegnaci a contare i nostri giorni è imparare a rispettare le lentezze di Dio e le lentezze dell’uomo. Non dobbiamo misurare sempre con il tutto e subito. Oggi uno dei rischi che corriamo è proprio quello della accelerazione, cioè non siamo più capaci di aspettare, vogliamo tutto e subito. Questo è uno degli aspetti della nostra società. L’uomo contemporaneo non è capace di pazientare. Senza dimenticare che le comunità religiose come quelle di una volta non ci saranno più, oramai quello che conta sono le grandezze della carità e dell’amore, cioè la grandezza dei piccoli gesti e la fiducia nella fecondità dei piccoli gesti. Dobbiamo recuperare queste grandezze dello Spirito.

Dobbiamo ritrovare la grandezza del piccolo gesto, del piccolo seme della piccola comunità e non ci dobbiamo preoccupare. Questo significa sognare un altro modo di essere. Questo significa vivere il nostro mondo alla luce del volto di Dio. È vero che l’uomo è quello che dice il salmista ed è vero che Dio è quello che dice il salmista dobbiamo imparare la sapienza del limite: ciò che ho vissuto e ciò che vivo. Non dobbiamo aver paura se tutto questo ci porta insieme verso altre mete.