.jpg)
“Si dice contemplativo colui che, illuminato dallo Spirito, ha grazia di “vedere”, credere (e anche celebrare nella Liturgia e con la Chiesa) che sotto l’involucro d’ogni avvenimento grande o piccolo, triste o lieto (anche quello che l’uomo, in quanto uomo, cioè “ipnotizzato dal sensibile” e ”stolto e duro di cuore” a credere, è tentato di chiamarlo disgrazia, caso, colpo mancino, invidia, gelosia, cattiveria, male, ecc) si nasconde un mistero di fede: il sacramento della volontà di Dio che, alla tastiera della vita dei popoli e delle singole persone sa esprimere, presto o tardi, una sinfonia intonatissima… Senza lo spirito del Signore, senza la grazia, il risultare strumenti nelle mani del Signore, vivere la carità evangelica è utopia perché dalle profondità dell’inconscio affiorano in superficie energie non redente, figlie della carne: orgoglio, vanità, invidia, odio, risentimenti, rancori, vendetta, desiderio di possedere persone e cose, egoismo e arroganza, paura, timidezza, angoscia, aggressività…” (Amato Dagnino).
Come ha saputo fare san Paolo: L’insuccesso nella predicazione, le tribolazioni non hanno minimamente scalfito la sua certezza che gli deriva dal sapere ormai “chi” è Gesù. È proprio l’idea che si è fatta ormai di Cristo, o meglio, che gli è stata rivelata dal Padre, a dargli questa inalterabile sicurezza. Se avessimo, oggi, un granellino di questa fede di Paolo! Non ci lasceremmo intimidire dal fatto che il mondo è ancora in gran parte da evangelizzare e che anzi rifiuta, a volte sdegnosamente di farsi evangelizzare. Avremmo davvero le condizioni per intraprendere una nuova evangelizzazione. Ma solo se dentro di noi, vive per fede, un Gesù Cristo delle dimensioni totali, come quelle che rivestiva in Paolo.
Si è intensificata una pratica religiosa, ma non una conoscenza, una vita interiore fondata sulla fede che significa: conoscenza come intimità, amore, comunione personale, vitale e dinamica, che si radica nell’hinc e nunc del cristiano, nella sua storia, nella sua vita, nella sua carne. “Amore voglio e non sacrifici; conoscenza di Dio, non olocausti” (Osea 6,6). Questa è la vera e autentica vita cristiana che si nutre di ascolto della parola di Dio, di preghiera liturgica e personale, di riflessione: è questa infatti che genera cristiani saldi, maturi e radicati nell’evangelo; cristiani che non riducono la loro fede a qualche momento di preghiera, ma ne fanno la storia stessa della loro vita fino a “conoscere il mistero di Cristo nella sua ampiezza, lunghezza, altezza, profondità e quindi a conoscere l’agape di cristo che sorpassa ogni conoscenza” (Cfr. Ef 3, 18-19).
Avere fede= avere viva la consapevolezza che la nostra storia piccola e limitata, spesso tribolata è avvolta da una realtà più grande. Se sappiamo aprirci allo Spirito sperimenteremmo che in noi troviamo e viene fuori una forza molto più grande delle nostre forze ed energie naturali