Vi ricordate questi versi? «Così tra questa immensità s’annega il pensier mio: e il naufragar m’è dolce in questo mare?»
L’Infinito è forse la più famosa poesia al mondo. E c’è un motivo se ancora oggi milioni di ragazzi la amano. Ecco, immaginatevi un giovane di appena vent’anni che ha perduto tutto, ma proprio tutto: la vista, la libertà, la salute. La donna di cui si è innamorato lo ha respinto, la malattia gli sta togliendo ciò che ha di più caro e prezioso. Ma a dispetto della solitudine, della quasi cecità, Leopardi non si arrende, non si rassegna!
E allora va su questo colle, il colle dell’Infinito, e fissa il cielo. E in quell’istante non vede più la siepe che gli sta davanti, non vede gli ostacoli che la vita ti mette davanti. Ma «sedendo e mirando, interminati spazi di là da quella, e sovrumani silenzi, e profondissima quiete Io nel pensier mi fingo. (…) e il naufragar m’è dolce in questo mare».
Perché Leopardi usa proprio la parola «fingo»? Ecco fingo in latino ha un significato bellissimo: significa creare, immaginare, dare forma. Che cosa vi sta dicendo Leopardi? Che la tua ricchezza più grande non è chiusa in una cassaforte, ma è nella tua mente. Pensate, immaginate, anche a costo di sembrare strani. Siate creatori non emulatori.
Si rovina un ragazzino nel modo più sicuro, se gli si insegna a considerare il «pensare allo stesso modo» più importante del «pensare in un altro modo.» A forza di fare da cassa di risonanza per i pensieri e le parole pensate da altri cervelli, diventiamo noi stessi cervelli presi in prestito.
Superflui. Non necessari. Ecco perché nella società degli influencer, dei guru della moda, di quelli che ti dicono che per essere qualcuno, devi essere come tutti, che «vali» solo sei qualcun altro, leggere Leopardi fa bene all’anima. Perché ci ricorda che se vogliamo salvarci, dobbiamo rinunciare all’ovvio. Non per replicare ed emulare siamo nati, ma per creare. A questo serve la letteratura: perché senza immaginazione la vita muore.