Il santo curato d’Ars, durante la processione del Corpus domini, sentiva e diceva che non era lui a portare Cristo, ma Cristo a portare lui. Vale anche per la missione: è l’Evangelo che porta l’evangelizzatore e non il contrario… Ma Se non rimaniamo nella Parola e nell’amore di Cristo, ci illudiamo di svolgere il servizio apostolico e comunitario agitandoci come Marta. O peggio diventando presuntuosi, arroganti, superbi, aggressivi rimproverando, emarginando e condannando tutti coloro che non la pensano o non sanno esprimere le nostre potenzialità o come noi vorremmo che facessero… Ma ricordiamo il rimprovero del Signore: “non vi conosco”.
Prima di essere dovere e impegno la missione e la vocazione è grazia, dono gratuito e immeritato. E avremo interiorizzato questa fede e consapevolezza solo quando con tutta la nostra vita e sensibilità manifestiamo gratitudine, umiltà nel dialogo-alleanza con il Signore e verso gli altri , aggiungendo semplicità di cuore, mitezza e libertà nell’accettare con dignità e coraggio le fatiche, le tribolazioni che vivendo in questo modo (cioè mettendo in gioco la nostra vita) comporta…
Con l’esperienza dell’amore di Dio si arriva a vivere positivamente la debolezza apostolica, accettando con un sano umorismo verso se stessi le cose che non si possono cambiare e manifestando mitezza e compassione verso i limiti altrui (perché spesso sono anche i nostri) e comprendiamo che non sanno quello che fanno.
La Parola di Dio, l’esperienza di Paolo e Pietro nelle Lettere affrontano espressamente il tema della sofferenza del Cristiano e sanno dare testimonianza che la sofferenza e il dolore non devono essere glorificati e osannati in se stessi, ma possono far rimanere nella pace a motivo della presenza e dell’amore di Cristo nella vita del cristiano. Con Cristo e in Cristo la sofferenza e la tribolazione può risultare una espressione di Grazia e benedizione per chi conosce Dio (cfr 1Pt 2, 19ss; 3, 13-17) e chi l’affronta con questa fiducia non può ricevere alcun male, anche quando subisce l’ingiustizia.
Mentre senza amore e Cristo sentiamo e vediamo e sperimentiamo solo lamentele, tristezze, inadeguatezze… Mentre, quando si affievolisce questa esperienza d’amore vitale e profonda con Cristo, tendiamo di conseguenza a riempire la nostra vita di altre presenze, puntando sulle risorse naturali, sull’allestimento del palcoscenico, dimenticando l’essenziale: la fede e la carità… Risulteremo dei praticanti religiosi, ma prigionieri di quei meccanismi semi-inconsci di paure varie, ricerca di riconoscimenti, bisogno di sicurezza, di gelosia, invidia, vanità, affermazione di sé, rendendoci decisamente antipatici…
Mancandoci l’amore di Dio rifuggiremo persone complicate, difficili: diverse; e manifesteremo gli atteggiamenti di freddezza, lamentele, meschinità, risentimenti di Giona (4, 1-11), degli apostoli (Lc 22, 14ss), di Marta, del fariseo (Lc 18, 1-14)), del figlio maggiore (Lc 15, 1-32)…
