Papa Prevost è tornato più volte sul tema della povertà nei primi cinque mesi del pontificato: povertà non solo materiale ma anche spirituale. «La più grave povertà è non conoscere Dio», ha scritto nel Messaggio per la Giornata mondiale dei poveri datato 13 giugno. E aggiungeva: «Tutti i beni di questa terra, le realtà materiali, i piaceri del mondo, il benessere economico, seppure importanti, non bastano per rendere il cuore felice». D’altro canto, è il Vangelo che chiama a farsi Buon Samaritano. «I poveri non sono un diversivo per la Chiesa, bensì i fratelli e le sorelle più amati, perché ognuno di loro, con la sua esistenza e anche con le parole e la sapienza di cui è portatore, provoca a toccare con mano la verità del Vangelo». E chiariva: «Dio ha assunto la loro povertà per renderci ricchi attraverso le loro voci, le loro storie, i loro volti. Tutte le forme di povertà, nessuna esclusa, sono una chiamata a vivere con concretezza il Vangelo e a offrire segni efficaci di speranza».
Il Papa ha indicato anche lo stile della Chiesa. Lo ha fatto durante il Giubileo dei vescovi a fine giugno dicendo che occorre vivere «la povertà evangelica», avere «uno stile semplice, sobrio e generoso, dignitoso e nello stesso tempo adeguato alle condizioni della maggior parte del suo popolo». E, nella Messa in cui sono stati proclamati santi Pier Giorgio Frassati e Carlo Acutis il 7 settembre, ha ricordato: «Hanno vissuto questo amore per Gesù Cristo soprattutto nell’Eucaristia ma anche nei poveri, nei fratelli e nelle sorelle».
