
«Io vorrei aiutarvi, camminare con voi». Leone XIV si rivolge al suo clero come un padre. È il clero della diocesi di Roma di cui il Papa è vescovo e che riceve in udienza questa mattina nell’Aula Paolo VI. Si tratta del primo incontro con il suo presbiterio dopo aver preso possesso domenica 25 maggio della cattedra della Basilica di San Giovanni in Laterano, la Cattedrale della città. Ai sacerdoti chiede anzitutto «unità»: dimensione ricordata più volte dal Pontefice quando parla della Chiesa. E poi li invita ad «abbracciare» le sfide di oggi con uno sguardo «profetico». «Non scappiamo di fronte ad esse», sprona. E cita «l’esempio di santi sacerdoti» che in tempi recenti «hanno saputo coniugare la passione per la storia con l’annuncio del Vangelo, come don Primo Mazzolari e don Lorenzo Milani, profeti di pace e di giustizia» e a Roma don Luigi Di Liegro, il fondatore della Caritas diocesana di Roma, «che, davanti a tante povertà, ha dato la vita per cercare vie di giustizia e di promozione umana».
Il Papa viene salutato dal cardinale vicario Baldassare Reina che descrive il clero romano come una «presenza ricca e variegata»: 809 preti; 500 di altre diocesi attivi nelle parrocchie per motivi di studio; 2347 nei collegi universitari; 3914 religiosi. L’effetto è una vita ecclesiale segnata dall’«universalità e dalla reciproca accoglienza che essa comporta», dice il Papa. Leone XIV inizia l’incontro con il sorriso. «Voglio chiedere un grande applauso per voi sacerdoti», dice a braccio. Un piccolo ma concreto gesto di incoraggiamento di fronte alle «fatiche quotidiane» e a «tutto ciò che vivete nel silenzio e che, a volte, è accompagnato da sofferenza o da incomprensione», aggiunge il Papa.
Il Pontefice sa bene come il ministero sacerdotale non sia privo di problemi o tentazioni. «Nessuno di noi è esente dalle suggestioni del mondo e la città, con le sue mille proposte, potrebbe anche allontanarci dal desiderio di una vita santa, inducendo un livellamento verso il basso dove si perdono i valori profondi dell’essere presbiteri». Da qui il richiamo all’esemplarità. «Ve lo chiedo con il cuore di padre e di pastore: impegniamoci tutti ad essere sacerdoti credibili ed esemplari». E aggiunge: «Al servo è chiesta la fedeltà». Per riprende slancio il Papa suggerisce di lasciarsi «ancora attrarre dalla chiamata del Maestro, per sentire e vivere l’amore della prima ora, quello che vi ha spinto a fare scelte forti e rinunce coraggiose. Se insieme proveremo ad essere esemplari dentro una vita umile, allora potremo esprimere la forza rinnovatrice del Vangelo per ogni uomo e per ogni donna».
L’impegno alla «comunione» è l’altra urgenza che Leone XIV indica. Anche in una Chiesa come quella di Roma dove «le difficoltà non mancano» e dove «sono molteplici le provenienze, le culture e le sensibilità, diversi i modelli formativi con il conseguente lavoro pastorale che qualche volta fa fatica a comporre e a trasmettere una visione unitaria», sottolinea il cardinale Reina. «Camminare insieme è sempre garanzia di fedeltà al Vangelo; insieme e in armonia, cercando di arricchire la Chiesa con il proprio carisma ma avendo a cuore l’essere l’unico corpo di cui Cristo è il capo», avverte il Papa. Ed è lui stesso a dire che oggi la «comunione è ostacolata da un clima culturale che favorisce l’isolamento o l’autoreferenzialità». Ma, oltre al contesto culturale, ci sono anche «alcuni ostacoli per così dire “interni”, che riguardano la vita ecclesiale della diocesi, le relazioni interpersonali, e anche ciò che abita nel cuore, specialmente quel sentimento di stanchezza che sopraggiunge perché abbiamo vissuto delle fatiche particolari, perché non ci siamo sentiti compresi e ascoltati, o per altri motivi». Ecco perché serve far crescere la «fraternità presbiterale che affonda le sue radici in una solida vita spirituale, nell’incontro con il Signore e nell’ascolto della sua Parola».
Il prete è chiamato a calarsi nella realtà e nel quotidiano. Nella sua riflessione Leone XIV denuncia il volto di una società in cui si intrecciano «le violenze che generano morte», «le disuguaglianze», «le povertà», le «tante forme di emarginazione sociale, la sofferenza diffusa che assume i tratti di un disagio che ormai non risparmia più nessuno». Tutto ciò non accade «solo altrove, lontano da noi», ma «anche la nostra città di Roma, segnata da molteplici forme di povertà e da gravi emergenze come quella abitativa». Per questo, citando Francesco, papa Leone esorta: «Una città più vivibile per i suoi cittadini è anche più accogliente per tutti». E conclude richiamando l’«accorato appello» di sant’Agostino, di cui è figlio: «Amate questa Chiesa, restate in questa Chiesa, siate questa Chiesa. Amate il buon Pastore, lo Sposo bellissimo, che non inganna nessuno e non vuole che alcuno perisca».