Il silenzio nella Cappella Sistina sarà un segno dentro il rumore del mondo (Matteo Liut)

Il sogno di una Chiesa autentica che sia testimone di Dio, la scelta di portare la Croce tenendo lontane le logiche mondane del potere: una riflessione sui giorni che ci aspettano
Il rumore appena percettibile del fruscio delle fasce e delle nappe porporate che cingono i fianchi dei cardinali, il cigolio delle suole di cuoio sui lucidi pavimenti di marmo, il mormorio di parole scambiate a mezza voce tra le volte affrescate: è facile immaginare i delicati rumori di un Conclave e di tutta l’attività, solenne ma ordinata, che sta animando in questi giorni i palazzi vaticani. Quel silenzio carico di attesa in queste ore sta crescendo dentro mura antiche e spesse, mentre però fuori il mondo continua la sua corsa e non smette l’incessante rimbombo delle tante ferite dell’umanità. Non c’è un fruscio delicato per i neonati dei campi profughi, non ci sono parole sussurrate per le popolazioni colpite da missili e droni, non ci sono delicati cammini di riconciliazione per le donne vittime di violenza, per chi subisce abusi, per i giovani privati della speranza e dei sogni. Come si risolve questo contrasto?
Come si tesse e si mischia l’armonia sacra che attornia la scelta di un Pontefice con il sofferente ansimare del pianeta?

Ecco perché la Chiesa, anzi il mondo intero, ha bisogno del silenzio del Conclave, così come ha bisogno di riti e gesti dalla storia antica, forse lontani dal mondo contemporaneo e dalla sua sensibilità, ma carichi di tutta l’attesa dell’umanità. In quei corridoi solenni, apparentemente ermetici di fronte all’agitarsi della storia ma in secolari testimoni delle umane vicende, i cardinali hanno un compito molto grave: mettersi in ascolto degli ultimi, delle donne spesso calpestate e violate, dei poveri schiacciati da interessi privi di anima, dei piccoli sfruttati e abbandonati. In questo momento quegli uomini in veste filettata sono chiamati a guardare in faccia il dolore del mondo e fare come Cristo, che ha scelto di stare accanto all’umanità che spera, a partire proprio da chi speranza non ne ha più.