La conversione di Paul Claudel: Dio in un istante

Il grande scrittore francese abbracciò la fede cristiana mentre assisteva ai vespri la sera di Natale del 1886 nella cattedrale di Notre-Dame a Parigi: rimase avvinto dal canto del Magnificat

Sostanzialmente, fu un devoto di Rimbaud e san Tommaso: è questa la definizione migliore che si ricava dal libro Claudel ou la conversion sauvage di François Angelier, da poco edito in Francia per i tipi di Salvator (pagine 232, euro 21,00). Pubblicato a 70 anni dalla morte del grande scrittore francese, avvenuta a Parigi il 23 febbraio 1955, il volume scandaglia tutti i tratti della personalità umana e letteraria di Paul Claudel, spesso inviso a molti suoi connazionali per non aver mai nascosto la propria fede cristiana dopo la conversione fulminante che ebbe luogo la sera di Natale del 1886 mentre assisteva alla cerimonia dei vespri nella cattedrale di Notre-Dame, avvinto dal canto del Magnificat eseguito da un coro di bambini. Lo stesso anno aveva scoperto le Illuminazioni di Arthur Rimbaud, la cui lettura aveva «fatto a pezzi completamente il sistema filosofico assurdo e rigido» sul quale si era appoggiato sino a quel momento. Nato nel 1868, era cresciuto in un clima laicista e già nel 1881 aveva cessato ogni pratica religiosa. Eppure, assistendo nel 1885 ai funerali di Stato di Victor Hugo, li aveva dipinti ripugnanti come «una sfilata da Martedì Grasso». Ecco come avrebbe descritto il momento della conversione: «In un istante il mio cuore fu toccato e io credetti, con una tale forza d’adesione, un tale sommovimento del mio essere, una convinzione così potente, una certezza che non poteva lasciare alcun margine al dubbio».

Il volume di Angelier aiuta a far uscire Claudel dal cliché dello scrittore cattolico, per di più convertito. E tocca alcuni lati spinosi della sua figura come la vicenda dolorosa di Camille. Paul lesse il percorso creativo della sorella scultrice come un’inesorabile corsa verso l’abisso e la follia. Così, nel 1913, dopo vari sintomi la fece internare in manicomio. Una scelta che gli porrà non pochi rimorsi ma da cui non retrocederà mai pur senza abbandonare Camille e recandosi a trovarla più volte nonostante gli impegni diplomatici lo portassero per lunghi periodi all’estero, dall’Asia all’America.