Vi presento una creatura, una povera creatura, basta essere uomo per essere un pover uomo. Vi accostate il cuore, sentite un altro cuore battere, è vicino, è vostro, è come il vostro. Ecco la misericordia. Com’è facile, com’è grande. E se volete vedere il Misericordioso al quale state per assomigliare in questo gesto di semplice simpatia umana, è Cristo: il quale «voluit per omnia fratribus similare ut misericors fieret» (Eb 2,17). «Comprese le labbra del lebbroso, le tenebre del cieco, la crudele miseria di coloro che vivono nel piacere, la strana povertà del ricco» (Oscar Wilde, De profundis)
Chi conosce il prigioniero? Il condannato? Sofferenze privilegiate e sofferenze dimenticate. Il giudice quando l’ha giudicato ha finito il suo compito e l’affida al potere penale. L’ avvocato dirà l’ultima parola di conforto: soffrirà se avrà creduto alla sua innocenza – l’intimo affanno durerà qualche giorno – poi: altre cause, altri affari, così è la vita. Il cancello della prigione si chiude: la barriera è alzata, impenetrabile, sicura (Società puoi stare tranquilla) nonostante la parola di Cristo: «Ero prigioniero e non m’hai visitato» (Mt 25,43). Un prigioniero – un’esperienza lontana. Vorrei essere stato in prigione – aver provato la condanna degli uomini – la solitudine senza innocenza ecc. Invece, avete davanti «un galantuomo». Che strano suono mi dà questa parola in questo momento! Lo stupore di essere libero, di potermene tornare stanotte alla mia parrocchia, di aver le mani senza manette…
Tant’è vero che nel ricordare la Passione, si parla quasi mai del Prigioniero, non si mette in evidenza la sua qualità di «vinctus», ammanettato. Il «Divino prigioniero» prima di essere un complimento dei nostri libri devozionali, è una realtà, fissa. Finché ci sarà un prigioniero avremo una Presenza del Cristo. La prigione è una Chiesa, una Presenza, un Tabernacolo, dove ognuno può incontrare, vedere il Cristo.
